martedì 30 ottobre 2012

Commentino a Wolverine & gli X-Men 6



Scritta da Jason Aaron ("Wolverine", "X-Men: Scisma", "Ghost Rider") e disegnata principalmente da Chris Bachalo ("Steampunk, "Death: The High Cost of Living", "Death: The Time of Your Life") e da Nick Bradshaw, "Wolverine & gli X-Men" è partita come una testata fresca e godibile, senza la pretesa di cadere sul drammatico a favore di storie leggere e abbastanza simpatiche. La verità è che l'idea di una "scuola per mutanti" era così potente e pregna di possibilità da non poter essere lasciata in disparte troppo a lungo, anche se l'idea di un Wolverine come preside mi lascia un po' basita: in fondo, spero che in futuro lasci presto il posto totalmente a Kitty Pryde.

Già nel numero precedente questa serie stava per abbassare il "tono", e lo stesso vale anche per i due episodi di questo mese. Sarà che non vado matta per le covate aliene, sarà che non sopporto molto i "grandi" ritorni alla Sabretooth; ma, si sa, nel mondo Marvel hai la certezza del ritorno definitivo di un personaggio non appena questo muore (che è una strana frase da scrivere: l'ho riletta almeno quattro volte), e sono pochissimi i  personaggi VERAMENTE morti. Al momento mi vengono in mente solo Gwen Stacy e Jean Grey. Anche se...

"Wolverine & the X-Men" n. 7 è disegnato da Nick Bradshaw, di cui non ho trovato molte info in giro: prima di approdare su questa testata, infatti, per la Marvel ha disegnato "solo" un paio di storie. Il suo stile non mi convince molto e trovo un po'confusionarie le sue composizioni, nulla a che vedere con l'ordine e il rigore di Chris Bachalo, che ha disegnato il n.8 (però anche lui a inizio testata aveva dato di più).


Passiamo ora a "Uncanny X-Force": da quando Rick Remender ha tirato in ballo la condanna a morte di Fantomex per mano di Capitan Bretagna e dei Bretagna Corps (no, cioè, esistono i "Bretagna Corps"...) il mio interesse per questa serie è decisamente calato, senza contare i disegni di Greg Tocchini: sono inguardabili.

(per la cronaca, la copertina non è di Tocchini)

Abbastanza trascurabile è il numero di X-Men: Legacy, probabilmente perché non conosco molto bene i personaggi che "ritornano in carreggiata", ossia Arma Omega e il Mimo.


Giudizio eXtremo: cara testata nuova, io credo in te, quindi non mi deludere in futuro.

Probabilmente questo è il "commentino" più corto che mai scriverò in tutta la mia vita.

lunedì 29 ottobre 2012

Once Upon a Time 2x05 - The Doctor

E dopo il Coccodrillo... venne il Dottore!
Doctor... Who? (mi viene sempre da citare "Doctor Who", non so perché)


Se la puntata precedente era tanto attesa da tutti per l'arrivo di Capitan Uncino (che si chiama Killian Jones, non so perché nell'ultima recensione avevo in mente "James" o_O), questa non era da meno: infatti si sarebbe scoperta la vera identità del dottor Whale, personaggio che nella prima serie ha fatto qualche comparsa significativa, senza tuttavia attirare troppa attenzione su di sé (a parte qualche appuntamento con Mary Margareth). Infatti unico indizio dei fan era il suo stesso cognome: Whale.

Whale... in italiano, "balena". Le ipotesi erano molte e strampalate: c'era chi affermava che Whale fosse la balena di Pinocchio (???), altri invece ipotizzavano un possibile collegamento con Moby Dick... ma perché arrivare a Moby Dick, che non è nemmeno una fiaba, ma un romanzo?



Chi ha visto questa puntata ormai sa che il dottor Whale non ha nulla a che fare con Moby Dick... ma c'è sempre di mezzo un altro romanzo. Certo, perché ora che abbiamo scoperto che esistono altri mondi oltre al nostro e a quello fiabesco, ormai da OUAT possiamo aspettarci qualsiasi personaggio di fantasia che la mente umana abbia mai immaginato (anche se già Pinocchio, Alice nel Paese delle Meraviglie e Peter Pan non sono propriamente fiabe, ma non vogliamo essere pignoli ;)): anche una mente come Mary Shelley. Quindi, sì... SI... PUO'... FAAAAARE!! Il dottor Whale è proprio il famoso Victor Frankenstein, con tanto di divisa iconica e molta, molta voglia di riportare i morti in vita (per la precisione un misterioso fratello senza nome)! Solo una cosa gli manca: un cuore abbastanza forte da sopportare l'operazione dello scienziato.

Qui entra in gioco Regina, allieva di Tremotino in uno dei tanti flashback che ci fanno scoprire un po' per volta il passato di tutti i personaggi. Fa la sua comparsa anche Jefferson, che vediamo per la prima volta quando non era ancora un padre (a proposito, chi è la madre di Grace?). E' proprio tramite il Cappellaio Matto che Frankenstein ha la possibilità di avere un cuore fortificato dalla magia (merito della "collezione privata" di Cora) e Regina la speranza di vivere insieme a Daniel, il "ragazzo della stalla". Ovviamente tutto si risolve in un fallimento: nel passato Daniel non ritorna in vita (anche se in realtà Frankenstein aveva già un precedente accordo con Tremotino: chissà di chi è quel cuore!), nel presente invece si trasforma in un mostro che vuole solo uccidere o essere ucciso. Tutto ruota nuovamente intorno alla magia: la magia che è potere, la magia che solo i "cattivi" vogliono usare, la magia che batte la scienza. Unico limite invalicabile: "Dead is dead" (parola di Tremotino). Ma vallo a spiegare a "Victor".

Riassumendo, la verà identità del dottor Whale è stata veramente un colpo basso: dato che il suo personaggio era già presente nella prima stagione, mi aspettavo un ruolo ben più solido e costruttivo del "resuscita-morti" fallito. L'attore ha anche un certo non-so-che di inquietante e il modo in cui il personaggio si era ribellato a Charming nella 2x01 mi aveva fatto sperare bene, ma... Va beh, la speranza è l'ultima a morire. La pazienza non lo so, però. Ritornando un attimo a Charming, la sua voglia di "fare a botte" con il primo che passa non mi convince per niente: per favore, che qualcuno evochi un drago per lui, almeno ha qualcosa da fare a fette.

In generale questa puntata è dello stesso livello della precedente, se non peggio. Anzi, è decisamente peggio: peccato perché, se è vero che il coinvolgimento di più mondi (chi sarà il prossimo dopo Frankenstein? Dracula? Il Mago di Oz?) può confondere ancora di più le acque, c'è da dire anche che potrebbe offrire a questo telefilm atmosfere diverse oltre a quella fiabesca. Questa possibilità tuttavia non è stata sfruttata e ormai la trama di OUAT gira intorno ai flashback del passato, senza permettere che la trama vada veramente avanti. Insomma, tutti questi flashback sono veramente soffocanti e non sono così essenziali come lo erano nella prima stagione, e l'inserimento di così tanti personaggi rischia di trasformare la storia in un vero e proprio minestrone. Senza contare che intanto Mulan, Snow ed Emma (ah già, dimenticavo Aurora) stanno facendo pochissimi progressi.


Vorrei però capire di più su questa misteriosa "capacità" che ha Emma: più volte ha affermato di comprendere quando una persona sta mentendo oppure no. Semplice intuito sopraffino, o... qualcosa di più? (ironico che abbia avuto un inciucio con Pinocchio, il racconta-balle per eccellenza xD) Fatto sta che ora anche Uncino si è unito momentaneamente a questa compagnia di sole donne: "un Uncino ben legato è un dono molto graaaatooooo!"


Comunque anche Uncino non ha fatto la sua bella figura: certo, un orco fa paura a tutti, ma... i pirati dovrebbero avere i loro trucchi, no? Figuriamoci un capitano! E qualcuno avvisi la produzione che gli orchi devono essere veramente lenti a camminare, dato che Emma e Co. hanno avuto tutto il tempo del mondo per credere/non credere al signor Jones.

Giudizio eXtremo: meno flashback, più presente! Ma, soprattutto, non scordiamoci di Storybrook e delle fiabe che hanno riconquistato la memoria: possibile che siano tutte così mansuete e felici?

Piccola nota: alla fine ho letto che esiste un collegamento tra il cognome "Whale" e il personaggio di Frankenstein (andate a vedere come si chiama il regista): http://www.imdb.com/title/tt0021884/

CHI RUBA IL CUORE DEGLI UNICORNI SARA' SEVERAMENTE PUNITO!

domenica 28 ottobre 2012

Commentino a Wolverine n. 274



Citando lo stesso Logan in questo episodio: “In altre parole… niente di nuovo”. Sembra ormai difficile rendere interessanti le storie dell’artigliato canadese, o almeno, lo è per Jason Aaron. Mentre in “Wolverine & gli X-Men” Aaron riesce a gestire bene le varie sottotrame che vedono coinvolta la Jean Grey School, la cosa gli riesce più difficile con la testata dedicata alle avventure in solitario del mutante canadese (avventure che mi chiedo quando ha il tempo di intraprendere, dato che non solo è impegnato come preside, ma è anche un membro di X-Force e dei New Avengers). Sabretooth e Mystica continuano a tessere le loro trame malvagie, mentre un nemico di vecchia data – Silver Samurai – ritorna nei panni non di Kenuichio Harada, ma del figlio di questi, Shingen. Quindi non c’è molto di cui emozionarsi, per quanto riguarda l’eroe principale di questa testata, a meno che Shingen non si riveli più interessante di quanto appare.
Piccola nota: durante Marvel NOW! Aaron verrà sostituito da Frank Cho che, oltre a disegnare le nuove avventure di Wolverine, si occuperà anche dei testi. Tuttavia Aaron continuerà a scrivere “Wolverine & the X-Men” insieme a “Thor: God of Thunder” (quindi, signor Aaron, se le sue storie non saranno all'altezza del POTENTE THOR, la verrò a cercare u.u NdFangirl).


Per quanto riguarda “Daken: Dark Wolverine”, serie scritta dall’inglese Rob Williams (“Fear Itself: Uncanny X-Force”) e disegnata da mani italiane (partendo da Giuseppe Camuncoli e Onofrio Catacchio a Marco Checchetto, Michele Bertilorenzi, Mirco Pierfederici e, ora, a Matteo Buffagni), vediamo ancora il figlio di Wolverine operare a Los Angeles, vittima di una potente droga chiamata “heat” che lo priva del suo fattore di guarigione. Los Angeles è una città che sta sempre più catturando l’interesse degli autori: di recente abbiamo visto anche la fine delle mini serie di Bendis e Maleev dedicata a Moon Knight (incontrato dallo stesso Daken pochi numeri fa), Vendicatore con problemi di personalità che è riuscito a impedire al Conte Nefaria di diventare il Kingpin della città di Hollywood. Il titolo di questa nuova storia dedicata a Daken, “Orgoglio”, richiama – non a caso – un’altra serie ambientata a Los Angeles, ideata da Brian K. Vaughan nel 2003: “Runaways”, che vedeva un gruppo di ragazzi ribellarsi ai loro genitori quando scoprirono che erano dei supercriminali. C’è da intendere, quindi, che i Runaways compariranno nel prossimo numero per incontrarsi/scontrarsi con Daken (che era giunto a Los Angeles proprio per allargare il suo impero criminale… come la prenderanno?)
Piccola nota: a mio parere il disegnatore migliore che questa testata ha avuto è Giuseppe Camuncoli.


La testata chiude con Laura “X-23” Kinney alle prese con Franklin e Valeria, figli di Reed e Susan Richards. La storia di Marjorie Liu (già autrice di alcuni episodi di “Daken: Dark Wolverine” e scrittrice di una serie di urban fantasy) è affiancata dai disegni di Sana Takeda, disegni che, personalmente, trovo fin troppo leziosi, senza contare che i personaggi sono perennemente immersi in un’atmosfera blu-verde che a lungo andare diventa quasi nauseante. Il che è strano, dato che la Takeda in altre storie Marvel riusciva a dare di meglio:


Senza contare che le trame di M. Liu non mi hanno mai particolarmente emozionato: solo la presenza di Gambit a volte "illuminava il mio interesse" (eh eh).


Giudizio eXtremo: Wolverine un po' mogio, Daken godibile, X-23 molto trascurabile.

venerdì 26 ottobre 2012

Commentino a Deadpool n. 17

Va, vediamo cosa succede se scrivo una recensione col mal di testa (!)

Credo che quella di Deadpool sia stata la prima testata Marvel che ho potuto iniziare dal numero 1, e anche per questo ci sono piuttosto affezionata. In generale può essere considerato un mensile carino, anche se negli ultimi tempi le sceneggiature di Daniel Way sono state un po’ scialbe e durante la lettura non mi veniva manco un sorrisino (e dovrebbe essere un fumetto con una forte dose di comicità. E ce l'ha. Peccato che ultimamente si sia un po' perso per strada).
Attualmente questa testata è formata dalla serie regolare di Deadpool (firmata, appunto, da Way), da un episodio tratto dalla testata anni '90 e da altre storie autoconclusive (di solito una di queste è un team-up, che possono essere terribilmente noiosi o piacevoli da leggere).



Questo mese abbiamo il numero 39 della serie regolare di Deadpool, uscito negli USA nell'agosto del 2011 (sì, per quanto riguarda Deadpool l'Italia è assai indietro, specie considerando che con altre testate la differenza con gli USA è di "soli" sei mesi). Daniel Way - già sceneggiatore di Wolverine - Origins e quindi creatore del personaggio di Daken Akihiro, figlio dell'artigliato canadese - iniziò a scrivere le storie del mercenario chiacchierone quando la Marvel decise di rilanciare il personaggio con una testata completamente dedicata a lui (se l'era già guadagnata nel 1997, ma terminò con il numero 69). Già prima che la testata aprisse, Deadpool si differenziava dal resto dei personaggi Marvel perché è consapevole di far parte di un fumetto: i suoi monologhi interiori, spesso "metafumettosi", vengono per questo riportati in didascalie gialle. Way, tuttavia, decise di aumentare ancora di più la follia del personaggio aggiungendo  un'altra voce interiore, riconoscibile dalle didascalie con sfondo bianco: in questo modo spesso il mercenario chiacchierone si ritrova a chiacchierare... con se stesso. 

Proprio questo mese in USA è uscito Deadpool n. 63, l'ultimo sceneggiato da Way (sarà Gerry Duggan il nuovo autore della testata), che però continuerà a scrivere i dialoghi del mercenario chiacchierone inaugurando i nuovi Thunderbolts del progetto Marvel NOW!



Ora, dopo questa più o meno lunga parentesi su Daniel Way, ritorniamo al numero 17 di Deadpool.

Deadpool: "Non è che posso spararmi e basta, sai... Ho un fattore di guarigione assurdo".
Hulk: "E pensavi che io potessi..."
Deadpool: "SPACCARMI!"


Riassunto eXtremeDopo aver fallito come aspirante supereroe, Deadpool decide di farla finita e designa Hulk (quello verde) come suo carnefice, sperando che la sua rabbia incontrollata possa avere la meglio sul suo fattore di guarigione. Per fargli perdere del tutto le staffe, il mercenario chiacchierone decide di “stuzzicarlo” con due bombe nucleari. Ora Hulk è pronto a SPACCAre, peccato che la sua furia omicida sia diretta verso un asilo pieno di bimbi innocenti.

L'idea di un Deadpool che cerca in tutto i modi di stuzzicare un Hulk inc****to avrebbe potuto essere esilarante, peccato che il così detto Golia Verde sia fin troppo composto per uno che ha voglia di distruggere tutto ciò che gli si para davanti. A parte che non riesco veramente ad abituarmi ad un Hulk molto, molto arrabbiato che riesce ugualmente a parlare in modo civile, azzeccando pure tutti i congiuntivi. Insomma, la sceneggiatura non convince più di tanto, ma i disegni di Bong Dazo sono adatti per un personaggio come Deadpool, e anche la composizione delle vignette si accorda bene con i monologhi interiori del mercenario.





Carine e non noiose sono le due storie brevi che seguono: un team-up con Iron Fist (scritto da Shane McCarthy e disegnato da Nick Dragotta) e una storia autoconclusiva di Rick Remender (noto per il suo ciclo di X-Force e che per Marvel NOW! scriverà "Uncanny Avengers" e "Captain America") e Jerome "Jack" Opeña (che vedremo all'opera in "Avengers"). Chiude il numero, come al solito, un episodio della testata classica di Deadpool (il numero 12 del gennao 1998), ricco as usual di citazioni pop e di riferimenti che, per fortuna, vengono esplicati alla fine dal curatore (una fortuna PER ME, dato che di solito non colgo almeno un terzo delle citazioni). 

TERRYYYY!
STELLAAAA!
ADRIANAAA!

Giudizio eXtremo: Deadpool, ripigliati un po'.

giovedì 25 ottobre 2012

The Perks of Being a Wallflower - Ragazzo da Parete - Noi Siamo l'Infinito


"Pensi sempre così tanto, Charlie?" 

"E' un male?"

"Non necessariamente. E' solo che, a volte, le persone usano il pensiero per non partecipare alla vita." 

"E questo è grave?" 
"Sì."





The Perks of Being a Wallflower – titolo originale del romanzo di Stephen Chbosky, uscito in America nel 1999 e da cui è stato tratto l’omonimo film con Emma Watson (in uscita non-si-sa-bene-quando nei cinema italiani);

Ragazzo da Parete – titolo italiano del suddetto libro (“Ragazzo da Tappezzeria” evidentemente era troppo mainstream);

Noi Siamo l’Infinito – titolo italiano della trasposizione in pellicola, meglio noto a tutti come “Il nuovo film con la Watson”;

I Vantaggi di Fare da Tappezzeria – fedele traduzione italiana che nessuno mai leggerà sulla copertina del libro e del dvd;

È questa la “magia” dell’Italia: uno può parlare dello stesso libro usando quattro opzioni differenti, se non rimane così confuso da rimanerne spiazzato. Certo, non si può fare a meno di scuotere la testa leggendo queste traduzioni che quasi ti fanno urlare al cielo “Perché? Perché? PERCHE’?!” (“Eternal Sunshine of the Spotless Mind” vi ricorda qualcosa?), ma a volte fa bene alla salute ignorare i lati polemici e concentrarsi su quelli positivi, anche se un po’ tirati per i capelli. In fondo, avere più traduzioni è come avere già tre o quattro punti di vista sul libro ancora prima di iniziare a leggerlo. Pensateci: se uno, ad esempio, ha voglia di ascoltare la famosa “canzone del ballo” della Bella e la Bestia, potrebbe scegliere tra diverse versioni, che cominciano così:

“Tales as old as time…”: per chi vuole rimanere fedele all’originale;
“E’ una storia sai…”: per chi è cresciuto con la classica versione italiana;
“C’è una bestia che…”: per chi de “La Bella e la Bestia” ha visto e ascoltato anche i titoli di coda;
“Storia senza età…”: per chi si è innamorato del musical, giunto anche in Italia;

La cosa straordinaria è che, in questo caso, tutte le versioni sono meravigliose. Ma lo stesso non si può dire per “Ragazzo da Parete”, titolo che è stato causa di un mio confuso monologo interiore:

Ragazzo da “Parete”?? In che senso, da “Parete”?!
Nel senso che è “da appendere al chiodo”?
O che è “sepolto in una parete”? <-- a Edgar Allan Poe piace questo elemento (miao!)
O ancora che, boh, è da mettere in castigo (all’“angolo della parete”)?

Insomma, a libro preso non mi ero fatta nessuna idea (o almeno, nessuna idea che fosse giusta). La grande illuminazione è avvenuta quando, nel corso della lettura, uno dei personaggi dice al protagonista – un ragazzo timido che preferisce osservare piuttosto che partecipare attivamente agli eventi (mica scemo, lo capisco perfettamente) – dicevo, dice al protagonista che “fa da tappezzeria”. Quindi, se proprio non si vuole una traduzione letterale, almeno “Ragazzo da Tappezzeria” sarebbe stato più legittimo della “Parete”. E ora chiudo la piccola polemica sulla traduzione del titolo, dato che Chbosky – lo scrittore – non ci ha di certo messo lo zampino.

Ora cercate su youtube “Asleep” degli Smithers (anche la versione cantata da Emily Browning in “Sucker Punch” non è male, ma ora è meglio stare sull’originale), canzone che spero ci sia anche nel film (nel libro viene citata spesso insieme ad altre canzoni, libri, film).

25 agosto 1991. Charlie è un ragazzo introverso, sensibile e intelligente che all’inizio del romanzo (scritto in forma epistolare: il destinatario è qualcuno che lo stesso protagonista non conosce) sta per cominciare il primo anno di superiori. Gli piace rileggere i libri due volte e il suo preferito è sempre quello che ha letto per ultimo; pensa che ognuno dovrebbe avere degli acquerelli, una poesia magnetica e un’armonica; esegue docilmente i consigli degli amici, come se fossero ordini intransigenti; è, essenzialmente, un ragazzo che osserva, ascolta e pensa molto. Gli amici in questione sono Patrick e Sam, due fratellastri dell’ultimo anno (Sam è una ragazza) che invitano Charlie nella loro cerchia di conoscenze, portando un ragazzo di solito solitario e in disparte a venire in contatto (o in contrasto) con un sacco di gente. Gente che spesso Charlie non comprende, ma a cui vuole bene nella sua maniera un po' speciale.

“Ragazzo da Parete” è una di quelle letture scorrevoli, scritte con semplicità, che raccontano di cose normalissime e che trasportano su carta quei pensieri a cui spesso non diamo molta importanza e che passano via senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Ma poi prendi questo libro e ti capita di leggere qualche frase, e pensi “Cavolo… perché non mi sono accorto prima che anch’io la penso allo stesso modo?”

Il finale, molto frettoloso, è solo un pretesto per concludere il romanzo quando ormai l’autore aveva già scritto tutto quello che aveva da dire. In effetti, la causa che porta questo libro alla fine è del tutto a se stante con il resto della trama (o quasi: alla fine un collegamento ci sarebbe, ma emerge comunque quando il romanzo si sta avviando verso la conclusione), ed è un elemento in più che, più che risolvere, confonde. Ma in effetti deve essere stato difficile trovare una fine per un romanzo di questo genere: un romanzo fatto di pensieri e citazioni, più che di fatti (ci sono anche quelli ma, più ancora del “fatto” in sé, è la “riflessione” di Charlie su quel fatto ad accompagnare il lettore).

Giudizio eXtremo: non è un capolavoro, ma ti lascia un piccolo segno.

Ultima nota: non ho ancora visto il film da cui è stato tratto, ma già dal trailer Charlie mi sembra fin troppo “attivo” rispetto al libro. Più che “osservatore”, sembra quasi il “consigliere” del gruppo. Ma staremo a vedere.

E per finire, un paio di citazioni:

“Hai presente le vecchie fotografie? Le persone ritratte hanno i lineamenti molto marcati, e un aspetto giovanile. E sembrano sempre molto più felici di noi. […] Spero solo di ricordarmi di dire ai miei bambini, quando sarà il momento, che anche loro sono felici, proprio come appare il loro babbo nelle vecchie immagini. E spero che mi credano”.

"Ma non lo capisci? Io non riesco a sentirlo. E' molto dolce, da parte tua; ma a volte sembra quasi che tu non sia presente. E' stupendo il fatto che tu riesca ad ascoltare, e a dare conforto a chi ne ha bisogno... ma che cosa succede quando la persona in questione non vuole una spalla su cui piangere, ma un paio di braccia che la stringano, o qualcosa di simile? Non puoi startene seduto lì, e mettere la vita degli altri davanti alla tua, e pensare che questo possa essere considerato un gesto d'amore. Non puoi. Devi agire".

martedì 23 ottobre 2012

Once Upon a Time 2x04 - The Crocodile


Come direbbe River Song, “Spoilers!”



Allora, ditemi chi tra le fangirls di OUAT non stava aspettando con trepidante attesa questa puntata. Perché, lo sappiamo, uno degli aspetti più influenti di questa serie è sicuramente la presenza di “bei fior” (anche se il Principe Filippo è già morto, va beh…) che rallegra gli animi delle telespettatrici/tori (dipende di che orientamento siete) tra un colpo di scena e l’altro. C’è da dire, purtroppo, che questi “colpi di scena” nella seconda stagione cominciano a perdere forza, quindi il fattore “bei fior” sta iniziando a prendere sempre più il sopravvento (devo parlare di Charming che, in questa puntata, si mette a cercare la polvere in fata andando a spaccar pietre? Avrebbe dovuto iniziare a cercarla prima, dico io…).



C’è da dire, inoltre, che tenere sotto controllo la trama per gli sceneggiatori deve essere stato ancora più difficile: mentre nella prima stagione avevamo da una parte Storybrook con i suoi personaggi inconsapevoli e dall’altra i flashback nel mondo delle fiabe, ora si è aperto addirittura un altro “fronte”, quello dove vediamo Snow e la figlia Emma (che sembra più vecchia della madre) accompagnare Mulan e la principessa Aurora (che, a parte il bel vestito, è veramente da schiaffeggiare) in avventure dove le pistole del nostro mondo possono fare ben poco.

Comunque, si stava parlando dei “bei fior”: in questa puntata si presenta finalmente un altro villain/non-villain (quelli di OUAT sono gli antagonisti più sensibili che abbia mai visto, alla faccia della disparità bene/male a cui ci vorrebbero far abituare le fiabe tradizionali), ossia Capitan “Hook” Uncino (che in questa serie ha un nome: James). E, visto l’attore (un irlandese con gli occhi color Irlanda), le aspettative erano alte (senza togliere nulla a Charming, August e al Cacciatore – e, per chi ha gusti diversi dai miei, a Jefferson).



Tuttavia  in questa puntata i personaggi non riescono a svelare il loro vero potenziale. Tremotino (uno dei personaggi più complessi e che vorrei abbracciare forte forte come farebbe un Orsetto del Cuore) risulta ormai un po’ scontato (della serie: “Sì, Belle, ti ho trovato le chiavi della biblioteca, ma intanto rinchiudo Spugna da qualche parte e vado a vendicarmi di quel pirata figherrimo che mi ha rubato la moglie e mi ha fatto fare la figura del fesso); Belle è troppo ingenua anche per la persona più ingenua del mondo; e – rullo di tamburi – Capitan Uncino.

Scusate, ho messo il punto perché non so come continuare la frase. Mi riformulo.

A fine puntata, ero lì che pensavo: “Capitan Uncino… perché, perché sono un po’ delusa da te?” E ora credo di aver trovato una risposta, dopo una notte di riflessione. La prima stagione di OUAT ci ha abituati a scoprire puntata dopo puntata, con il contagocce e in una maniera che rasenta quasi la tortura psicologica, la complessità di tutti i personaggi. Perché nessuno di loro era come appariva. Di Uncino, invece, hanno mostrato il lato “se-non-fossi-così-faigo-ti-prenderei-a-sberle” e quello “un-po’-se-l’è-cercata-ma-vieni-che-ti-abbraccio-poverino” nella stessa puntata, facendolo sembrare un personaggio visto e già visto (perché, diciamoci la verità: è quasi impossibile creare un personaggio che qualcun altro non abbia già utilizzato. Ciò che fa la differenza ormai è il modo in cui gli autori decidono di far conoscere questo personaggio al pubblico).

L’unica in questa puntata che non mi ha mai fatto storcere il naso è “Cappuccetto Rosso” Ruby: spero che in una delle puntate più prossime si approfondisca la sua nuova condizione di “lupo ritrovato”. E magari ci scappa pure un inciucio con Charming.



Nel complesso, ovviamente, la puntata rimane godibile: c’è tutta questa parabola della codardia e del potere che spero approfondiscano in una qualche altra puntata dedicata a Tremotino (credo che non lo faranno, ma ci spero ugualmente), perché accennarla solamente in questa sarebbe un peccato.

Si sa, il potere non è coraggio. 

lunedì 22 ottobre 2012

RASL di Jeff "Bone" Smith




Jeff Smith, classe 1960, è conosciuto in Italia e nel mondo per la serie fantasy “Bone”, recentemente ristampata integralmente da BaoPublishing (volumi spin-off e aggiuntivi a parte). Certo, definire “Bone” un fumetto fantasy sarebbe un po’ riduttivo: la serie infatti si basa su una cospicua dose di humour (come ci si aspetterebbe da un fumetto dove i protagonisti principali sono tre esserini bianchi tanto carini col naso enorme), senza tralasciare qualche elemento horror. È incredibile, in effetti, come questa serie inizi essenzialmente come fumetto umoristico, per poi sfociare in quel tipo di narrazione fantasy che tanto ricorda romanzi alla “Signore degli Anelli”. Gli elementi ci sono tutti: una principessa predestinata, un Grande Male da sconfiggere, draghi e altri mostri mitici. Più le “stupide, stupide creature ratto”, ma quelle non sono decisamente personaggi alla Tolkien (o comunque sarebbero più creature da “Hobbit” che da “ISDA”).

Ai tempi di Lucca Comics 2011 “Bone” era il fumetto raccolto in volume più lungo che fosse mai stato pubblicato, e credo che lo sia ancora. Dopo un’impresa del genere, non deve essere stato semplice per Jeff Smith intraprendere la via del “secondo grande successo”, se successo sarà. Ad avere questo difficile compito è “RASL”, sempre edito da BaoPublishing ed uscito da pochi giorni nelle librerie/fumetterie.



La nuova scelta di Jeff Smith può essere stata la più coraggiosa, o forse la più conveniente: dopo un successo come “Bone” ha infatti optato per un cambio radicale del genere (non ci sono draghi, ma mondi paralleli; non c’è magia, ma fantascienza; e i personaggi sono rigorosamente esseri umani… più o meno!), e non solo. Basta sfogliare le prime pagine per farci sembrare lontanissime le sequenze di vignette quadrate e rigorose di “Bone”: infatti questo primo volume (in tutto dovrebbero essere tre) si apre con una sequenza muta molto cinematografica e un’alternazione di larghe vignette che costituiscono dei veri e propri “movimenti di camera”. E dite anche addio a quella tenerezza a cui Fone Bone e Rose ci avevano abituati: “RASL” è decisamente un fumetto con un’ambientazione più adulta. Mentre dai rattodonti di “Bone” potevi aspettarti sia una battuta sciocca su una quiche, sia una mossa sanguinaria e letale, dal nemico di Robert/Rasl – un uomo in impermeabile dalla faccia lucertolesca – non ci si può aspettare niente di buono. Del Jeff Smith noto rimane il riconoscibilissimo tratto con cui ha sempre caratterizzato i personaggi dalle fattezze umane (anche se dalla copertina quasi non si direbbe).



Ma qual è la storia di “RASL”?

Di un ladro di opere d’arte?
Di un viaggiatore tra dimensioni parallele?
Di uno scienziato che “ruba” la donna al suo migliore amico?
Di un fuggiasco inseguito da un uomo-lucertola?

Le alternative sono, ovviamente, tutte giuste. E se all’inizio del volume la storia può far insospettire (“Ma che roba è?” “Boh, avrò fatto bene a comprarlo?” “Mi mancano già i rattodonti”), le pagine iniziano a volare velocemente e il lettore comincia così ad addentrarsi in una trama ben costruita che avrà molto da rivelare nei volumi futuri.

Consigliato? Sì, anche se mi immaginavo un volume un po’ più corposo (“Bone” ci ha abituati fin troppo bene).

sabato 20 ottobre 2012

Anteprima - Uscite di Dicembre e Dintorni


Oggi, dopo tanti sconsolati giorni, sono finalmente passata alla fumetteria del mio paese: una fumetteria piccola, caruccia, dove mi faccio ordinare le testate che sono più o meno sicura di seguire a lungo termine (oggi ho finalmente ritirato il numero 163 di Thor & i Nuovi Ven--- ah, dimenticavo che ora pure in Italia si chiamano New Avengers. Thanks to Joss Whedon).

Una delle cose più belle delle fumetterie è sicuramente “Anteprima”. Il giorno in cui si riceve “Anteprima” è sempre un giorno felice. Lo sfogli in maniera semi-cannibalesca mentre torni a casa, poi ti sdrai sul letto e ti segni tutta contenta le uscite dei tuoi fumetti preferiti (o, molto più spesso, quelli che speri possano migliorare), cercando di dimenticare le TANTE cose che non puoi permetterti. Tipo la ristampa extra lussuosa di Calvin & Hobbes. In casi come questi, meglio andare direttamente alla pagina successiva, sperando di beccare la pubblicità di un più accessibile albo da 3,00 €, o rotolarti in lacrime sul pavimento.

Allora, che si compra a dicembre e gennaio? E cosa NON si compra?

Andando con ordine:

-          Thor & New Avengers 165;

-          Wolverine & gli X-Men 8: questa testata è stata fin dal primo numero “pimpante” e molto godibile, una specie di ventata di aria fresca in mezzo a testate noiose e passabili per carta igienica. Vedremo che succederà durante AvX… anche se i cross-over (specie da Secret Invasion) non mi fanno impazzire;

-          Wolverine 276: nell’ultimo periodo la testata dedicata esclusivamente all’artigliato canadese ha perso parecchio, e stavo addirittura pensando di sospendere per un po’ l’acquisto. Ma, dato che tenevo a vedere, anche se per poco, i Runaways all’interno della testata dedicata a Daken, credo che continuerò. Anche perché entro breve dovrebbe iniziare il ciclo di Wolverine disegnato da Simone Bianchi;

-          X-Factor: ho scoperto questo gruppo mutante solo da pochi mesi, ma devo dire che Peter David è davvero un bravo sceneggiatore! In Italia è stato anche pubblicato un suo libro dedicato alla scrittura di graphic-novel, e credo proprio che cercherò di procurarmelo!

-          Ultimate Comics – X-Men 4: dell’universo Ultimate seguo “solo” due testate, questa e quella dedicata agli Ultimates. Proverò ad aspettare fino al 2013, ma sono tentata di “chiudere” con questa testata, dato che Ultimates è decisamente migliore (il primo numero mi ha messo molta tristezza);

-          X-Men – Pixie Colpisce Ancora!: l’acquisto dei 100% Marvel è sempre difficile, ma se Babbo Natale sarà generoso e lo “sfogliamento clandestino” in fumetteria sarà positivo, sarò molto tentata di prendere questo volume. Kathryn Immonen non mi ispira molto come sceneggiatrice (in Runaways non mi è piaciuta), ma Sara Pichelli dovrebbe meritare l’acquisto;

-          Devil & i Cavalieri Marvel 11: Devil è un altro nei miei supereroi preferiti e continuerò a seguirlo;

-          Deadpool 19: il mensile di Deadpool sta iniziando a non entusiasmarmi come un tempo (anche se le storie anni ’90 sono veramente molto carine!), ma cercherò di tenere duro;

-          Moon Knight – Il Fondo: avendo letto per la prima volta di Moon Knight grazie all’ultima miniserie di Bendis e Maleev, potrei essere tentata di prendere questo albo da 5 euro. Ma ci si penserà;

-          Absolute Moebius: no, purtroppo non potrò mai comprare nemmeno un volume di questa raccolta, a meno che non vinca alla lotteria. Però… sarebbe veramente GRANDIOSO averla.

-          The Strain 2: questa serie è tratta dai libri scritti dal regista Guillermo del Toro, che stimo tantissimo. Non ho mai letto i libri, e per questo ho pensato di seguire l’adattamento a fumetti. Per ora è carino, niente di speciale, ma si vedrà;

-          The Boys 2: di Garth Ennis. Se il primo numero mi ispirerà, andrò avanti;

-          Tutto Rat-Man 42: non vedo l’ora di leggere la fine dell’Esalogia di New York! Leo Ortolani riesce a far commuovere e sorridere anche dopo numeri e numeri di gag e storie! Speriamo che il nuovo “Allen” non sia deludente come “Avarat”;

-          Dragon Ball Evergreen Edition 15: ormai è l’unico manga a cadenza mensile che prendo;

-          Davvero 2: di Paola Barbato, che ha scritto uno dei miei albi preferiti di Dylan Dog;

-          The Complete Calvin & Hobbes: ok, posso piangere. Non vi avrò mai;

-          Watchmen 5: non possiedo la versione completa di Watchmen, quindi sto approfittando di questa ristampa a “piccolo dosi”;

-          The Unwritten 5: fumetto interessante pieno di citazioni letterarie :)

E questo è tutto.
Chissà di questo elenco cosa riuscirò VERAMENTE a comprare.
È per questo che vorrei che inventassero le biblioteche per fumetti.

Cose che ho notato
A febbraio uscirà il secondo albo dedicato ad “AvX: Versus”, dato che in ‘sto periodo dovremo sorbirci ovunque i Vendicatori che prendono a testate gli X-Men e gli X-Men che mollano cazzotti ai Vendicatori (sono per la par condicio. Anche se per la verità non provo il benché minimo entusiasmo). Leggendo nella descrizione, ci sarà uno scontro tra Thor (che, sia ben chiaro, è uno tra i miei supereroi preferiti, quindi potrei essere “un po’” di parte) e Emma “The Bitch” Frost.
Ma perché.
Giuro che se vince “quella”… no, non so cosa potrei fare. Anche perché, se Valchiria è riuscita ad eludere i poteri di “quella” in pochi secondi (vedi “Fear Itself – Temerari Ferite di Guerra” 4), figuriamoci Thor.

Una giornata con Zerocalcare


Ammetto che non conoscevo Zerocalcare, prima che venisse pubblicato  “La Profezia dell’Armadillo”. E mi riferisco non a quando venne stampato per la prima volta, ma all’uscita a colori di qualche mese fa, nell’edizione che quindi, per i pignoli, ha il titolo “La Profezia dell’Armadillo Colore 8-Bit”. Prima di allora, avevo letto delle strisce molto carine di questo nerdone dalle sopracciglia spesse, ma non ero andata a ricercarmi l’autore e quindi non sapevo chi fosse. Ci sono arrivata dopo, quando il boom era già scoppiato e ormai tutti sapevano chi era Zerocalcare.
Iniziare così una recensione sull’ultimo fumetto dell’autore italiano del momento non è il massimo, ma viva la sincerità.

“La Profezia dell’Armadillo” mi aveva entusiasmato, e non poco: in una lettura terribilmente scorrevole, Zerocalcare è riuscito a farmi sorridere, ridere e commuovere, non necessariamente in questo ordine, e magari pure tutto allo stesso tempo. Per chi ha letto l’“Armadillo”, questo calderone di reazioni lo conosce. È lo stesso calderone che mi sono ritrovata nello stomaco (!)  quando finii di leggere per la prima volta (ma anche la seconda, e la terza…) “Il Signore dei Ratti” di Leo Ortolani, tanto per citare un’altra Testa del fumetto comico italiano.
Per questo, appena ho saputo di “Un Polpo alla Gola” (entro nella pagina facebook di BaoPublishing – l’editore di Zerocalcare – almeno una volta al giorno per non perdermi nemmeno uno sputo di news) e dell’incontro presso la fumetteria Alastor di Milano, mi sono precipitata lì di punto in bianco, alle tre e un quarto del pomeriggio. Quando la vendita delle tre variant (Normal – Special – Nerd) sarebbe iniziata alle quattro e mezza. Ma per un disegno, un autografo e la possibilità di vedere l’autore dal vivo, questo e anche di più. Di solito è sempre molto di più (l’anno prossimo conto di svenire almeno una volta per mancanza di ossigeno. Magari mi fanno saltare la fila, chissà).
Fortunatamente l’attesa non è stata lunga e disperata (come purtroppo capita spesso quando una massa di gente, fan e nerd emozionati tende a prendere il controllo della fumetteria pur di vedere in punta di piedi un minimo di fronte dell’artista di turno - e metteteci pure me nel gruppone): nell’elenco dei “disegni” mi sono aggiudicata un fortunatissimo secondo posto, e ora posso vedere un’alquanta allibita Lady Cocca ogni volta che apro la mia copia (Nerd) di “Un Polpo alla Gola”. E lo smile che sorride in modo ebete ora ci sta :)
 Sul momento l’emozione era molto forte: Zerocalcare, manco a dirlo, è sembrato immediatamente una persona semplice e umile, dalla risata facile… ma questo potrebbe affermarlo chiunque abbia mai letto una vignetta del suo blog. Comunque, assegno una “stellina” in più solo per la personalità (non è da tutti gli autori rimanere fino alle due di notte a disegnare e a fare autografi fino a dimenticarsi il proprio nome. Tanto di cappello).

Ma è inutile dilungarsi ancora sul suo blog o sull’“Armadillo”: di Zerocalcare ormai si conoscono le piccole e grandi perle di saggezza autoironica, quell’autoironia semplice e immediata che tradisce un certo orgoglio (ora lo chiamano “Orgoglio Nerd”), quell’autoironia che svela la stessa quotidianità noiosa davanti alla quale sbadigliamo ogni giorno (o non si chiamerebbe “quotidianità”!), però facendoci sorridere/ridere/commuovere/altro, tutto insieme.
Che cosa dire, però, di questo “Polpo”? (a proposito, per il terzo fumetto mi aspetto già un altro animale… Che ne so, tipo un cammello? Anche se spero in un koala… Sono aperte le scommesse!)

E qui arriva la nota dolente.
Prima di iniziare questa parte del post, sono andata a sbirciare le prime recensioni su Anobii, tutte brillantemente positive, e mi dispiace essere una delle prime voci a criticare il povero Polpo.
Perché, in un “Armadillo VS Polpo” (ti prego, Zerocalcare, disegnalo!), l’Armadillo vince nettamente.
E mi dispiace (vedi “stellina in più per la personalità” citata poche righe fa).
“Un Polpo alla Gola” rimane sicuramente una lettura piacevole e per niente lenta, che sicuramente non annoia… Tuttavia, un confronto con il precedente “Armadillo” credo che massacrerebbe questo povero mollusco (sì, ho scoperto ora che il polpo è un mollusco – thanks to Wikipedia), vittima di una certa prevedibilità che è un po’ difficile da digerire dopo le aspettative… Un vero peccato, perché molte delle battute singole sono veramente esilaranti (memorabile la scenetta della chiamata da un numero sconosciuto: come un comportamento da sfigati, se ammesso, possa semplicemente essere divertente. Non per fare la morale, ma so’ cose che un po’ mi fanno riflettere). Per non parlare dei tre porcellini (due porcellini zombie per casa… e ho detto tutto).
Insomma, Zerocalcare è ancora molto legato al fattore “striscia”: e questo non deve necessariamente essere visto sotto una luce negativa. Nell’“Armadillo” (già, l’ho citato un sacco di volte, ma non posso farne a meno) il meccanismo della gag breve lavorava molto bene con la trama generale del fumetto, proprio perché la storia in sé funzionava (alla fine mi era venuto anche un po’ il magone, altro che polpo), mentre invece in questo caso i personaggi, anche se ben definiti, seguono un filo dal percorso facilmente intuibile, e alcuni passaggi forse avrebbero meritato una migliore attenzione, specialmente man mano che si raggiunge la fine.

A questo punto, spero nel magico fumetto numero tre.
Un cammello?
Un koala?
Un Dorsorugoso di Norvegia?
Intanto, possiamo ancora goderci le storielle del lunedì.
E il disegno di Lady Cocca, che rimane ugualmente carinissimo nonostante questa piccola delusione. Anche se una frase mi è entrata proprio nel cuore, perché è una sacra verità a cui non si sfugge:

“Nessuno guarisce dalla propria infanzia”

E noi abbiamo avuto la fortuna di trascorrere la nostra infanzia con personaggi indimenticabili. Zerocalcare lo sa bene.

P.S.: Molto apprezzata l’apparizione di Kurt Cobain. Ricordatevi di spararvi in bocca entro i 27 anni, o siete degli sfigati.
P.P.S.: Era ironico, ovviamente.
P.P.P.S.: Ma occhio alle poiane!