"Pensi sempre così
tanto, Charlie?"
"E' un male?"
"Non necessariamente. E' solo che, a volte,
le persone usano il pensiero per non partecipare alla vita."
"E questo è grave?"
"Sì."
The Perks of Being a Wallflower – titolo originale del
romanzo di Stephen Chbosky, uscito in America nel 1999 e da cui è stato tratto
l’omonimo film con Emma Watson (in uscita non-si-sa-bene-quando nei cinema
italiani);
Ragazzo da Parete – titolo italiano del suddetto libro (“Ragazzo
da Tappezzeria” evidentemente era troppo mainstream);
Noi Siamo l’Infinito – titolo italiano della trasposizione
in pellicola, meglio noto a tutti come “Il nuovo film con la Watson”;
I Vantaggi di Fare da Tappezzeria – fedele traduzione italiana
che nessuno mai leggerà sulla copertina del libro e del dvd;
È questa la “magia” dell’Italia: uno può parlare dello
stesso libro usando quattro opzioni differenti, se non rimane così confuso da
rimanerne spiazzato. Certo, non si può fare a meno di scuotere la testa
leggendo queste traduzioni che quasi ti fanno urlare al cielo “Perché? Perché?
PERCHE’?!” (“Eternal Sunshine of the Spotless Mind” vi ricorda qualcosa?), ma a
volte fa bene alla salute ignorare i lati polemici e concentrarsi su quelli
positivi, anche se un po’ tirati per i capelli. In fondo, avere più traduzioni
è come avere già tre o quattro punti di vista sul libro ancora prima di
iniziare a leggerlo. Pensateci: se uno, ad esempio, ha voglia di ascoltare la famosa
“canzone del ballo” della Bella e la Bestia, potrebbe scegliere tra diverse
versioni, che cominciano così:
“Tales as old as time…”: per chi vuole rimanere fedele
all’originale;
“E’ una storia sai…”: per chi è cresciuto con la classica
versione italiana;
“C’è una bestia che…”: per chi de “La Bella e la Bestia” ha
visto e ascoltato anche i titoli di coda;
“Storia senza età…”: per chi si è innamorato del musical,
giunto anche in Italia;
La cosa straordinaria è che, in questo caso, tutte le
versioni sono meravigliose. Ma lo stesso non si può dire per “Ragazzo da
Parete”, titolo che è stato causa di un mio confuso monologo interiore:
Ragazzo da “Parete”?? In che senso, da “Parete”?!
Nel senso che è “da appendere al chiodo”?
O che è “sepolto in una parete”? <-- a Edgar Allan Poe piace questo elemento
(miao!)
O ancora che, boh, è da mettere in castigo (all’“angolo della parete”)?
Insomma, a libro preso non mi ero fatta nessuna idea (o
almeno, nessuna idea che fosse giusta). La grande illuminazione è avvenuta
quando, nel corso della lettura, uno dei personaggi dice al protagonista – un
ragazzo timido che preferisce osservare piuttosto che partecipare attivamente
agli eventi (mica scemo, lo capisco perfettamente) – dicevo, dice al
protagonista che “fa da tappezzeria”. Quindi, se proprio non si vuole una
traduzione letterale, almeno “Ragazzo da Tappezzeria” sarebbe stato più
legittimo della “Parete”. E ora chiudo la piccola polemica sulla traduzione del
titolo, dato che Chbosky – lo scrittore – non ci ha di certo messo lo zampino.
Ora cercate su youtube “Asleep” degli Smithers (anche la
versione cantata da Emily Browning in “Sucker Punch” non è male, ma ora è
meglio stare sull’originale), canzone che spero ci sia anche nel film (nel
libro viene citata spesso insieme ad altre canzoni, libri, film).
25 agosto 1991. Charlie è un ragazzo introverso, sensibile e
intelligente che all’inizio del romanzo (scritto in forma epistolare: il
destinatario è qualcuno che lo stesso protagonista non conosce) sta per
cominciare il primo anno di superiori. Gli piace rileggere i libri due volte e
il suo preferito è sempre quello che ha letto per ultimo; pensa che ognuno dovrebbe
avere degli acquerelli, una poesia magnetica e un’armonica; esegue docilmente i
consigli degli amici, come se fossero ordini intransigenti; è, essenzialmente,
un ragazzo che osserva, ascolta e pensa molto. Gli amici in questione sono
Patrick e Sam, due fratellastri dell’ultimo anno (Sam è una ragazza) che
invitano Charlie nella loro cerchia di conoscenze, portando un ragazzo di
solito solitario e in disparte a venire in contatto (o in contrasto) con un
sacco di gente. Gente che spesso Charlie non comprende, ma a cui vuole bene nella sua maniera un po' speciale.
“Ragazzo da Parete” è una di quelle letture scorrevoli,
scritte con semplicità, che raccontano di cose normalissime e che trasportano
su carta quei pensieri a cui spesso non diamo molta importanza e che passano
via senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Ma poi prendi questo libro e ti capita
di leggere qualche frase, e pensi “Cavolo… perché non mi sono accorto prima che
anch’io la penso allo stesso modo?”
Il finale, molto frettoloso, è solo un pretesto per
concludere il romanzo quando ormai l’autore aveva già scritto tutto quello che
aveva da dire. In effetti, la causa che porta questo libro alla fine è del tutto
a se stante con il resto della trama (o quasi: alla fine un collegamento ci
sarebbe, ma emerge comunque quando il romanzo si sta avviando verso la
conclusione), ed è un elemento in più che, più che risolvere, confonde. Ma in
effetti deve essere stato difficile trovare una fine per un romanzo di questo
genere: un romanzo fatto di pensieri e citazioni, più che di fatti (ci sono
anche quelli ma, più ancora del “fatto” in sé, è la “riflessione” di Charlie su
quel fatto ad accompagnare il lettore).
Giudizio eXtremo: non è un capolavoro, ma ti lascia un
piccolo segno.
Ultima nota: non ho ancora visto il film da cui è stato
tratto, ma già dal trailer Charlie mi sembra fin troppo “attivo” rispetto al
libro. Più che “osservatore”, sembra quasi il “consigliere” del gruppo. Ma
staremo a vedere.
E per finire, un paio di citazioni:
“Hai
presente le vecchie fotografie? Le persone ritratte hanno i lineamenti molto
marcati, e un aspetto giovanile. E sembrano sempre molto più felici di noi. […]
Spero solo di ricordarmi di dire ai miei bambini, quando sarà il momento, che
anche loro sono felici, proprio come appare il loro babbo nelle vecchie
immagini. E spero che mi credano”.
"Ma non lo capisci? Io non
riesco a sentirlo. E' molto dolce, da parte tua; ma a volte sembra quasi che tu
non sia presente. E' stupendo il fatto che tu riesca ad ascoltare, e a dare
conforto a chi ne ha bisogno... ma che cosa succede quando la persona in questione
non vuole una spalla su cui piangere, ma un paio di braccia che la stringano, o
qualcosa di simile? Non puoi startene seduto lì, e mettere la vita degli altri
davanti alla tua, e pensare che questo possa essere considerato un gesto
d'amore. Non puoi. Devi agire".